La Palestina non può essere solo la gente, deve essere di più. Deve essere la terra, gli alberi, l’aria, l’ambiente, gli animali e gli uccelli. Tutte queste cose sono elementi che formano la Palestina. La Palestina è incompleta senza tutte queste componenti e quindi il lavoro da fare per proteggere ognuna di queste è contribuire a proteggere il tutto
– Ahmad Safi, fondatore della Palestinian Animal League
Fra i tanti “washing” di Israele, che ripulisce la sua immagine agli occhi di un certo Occidente a suon di “inclusione” di donne, persone queer e vegane nel proprio esercito mentre colonizza e compie un genocidio in Palestina, c’è anche il vegan washing.
Nel 2018, l’esercito israeliano ha annunciato di aver fornito ai suoi soldati scarpe e indumenti vegan, oltre a una mensa inclusiva in questo senso. Nell’ottobre 2023 il Ministro della Difesa dell’“esercito più vegano del mondo” Yoav Gallant ha dichiarato di star combattendo “contro degli animali umani” [1] – andando quindi a inferiorizzare attraverso il dispositivo dell’animalizzazione le persone palestinesi, e a contraddire anche a parole, se non fosse già evidente da un’occupazione genocidaria, il principio antispecista che dovrebbe sottostare al veganismo (ma in effetti Israele non si definisce antispecista, “solo” vegan friendly, con Tel Aviv capitale mondiale dei vegani [2]).
Come ha sintetizzato Grazia Parolari, «ai Palestinesi non cambia nulla essere presi a calci da scarponi di pelle o da scarponi di finta pelle» [3].
Se non esiste transfemminismo realmente intersezionale senza antispecismo, è vero anche che un veganismo non antispecista è solo un’ennesima forma di consumo, magari più “gentile”, ma pur sempre un ingranaggio del capitalismo. Certo che non è possibile vivere nel capitalismo senza alimentarlo in qualche forma, inevitabilmente, ma separare nettamente le lotte risulta piuttosto problematico e inefficace.
Chiaramente il discorso israeliano ne è l’estremizzazione.
Il pink washing sionista ostenta inclusione nei confronti dei soldati gay, “ammiccando a una maggiore civiltà rispetto alla cultura araba implicitamente omofoba. Insomma, se sei gay e sei israelianƏ vieni accoltƏ a braccia aperte […], se sei palestinese, che tu sia etero o gay, verrai bombardatƏ” [4]. Genocidio sì, ma inclusivo e vegano.
Eppure, neanche troppo sorprendentemente, Israele usa la minaccia dell’outing con le persone queer palestinesi per ricattarle e renderle informatrici o comunque ricevere obbedienza e informazioni, creando anche un clima di sospetto fra persone vicine così da distruggere il tessuto sociale e familiare palestinese. Omofobia e transfobia, poi, fanno da padroni nelle carceri israeliane, con minacce e violenze verbali e sessuali [5]. La strumentalizzazione delle dinamiche queerfobiche che indubbiamente esistono nella società palestinese e che non ha senso negare ai fini di questo discorso – pena l’invisibilizzare delle lotte che comunque esistono, fuori e dentro un genocidio – serve a Israele per presentarsi come un’oasi di modernità in un Medio Oriente “arretrato”.
Similmente la liberazione delle donne palestinesi dall’oppressione intrinsecamente misogina della cultura araba-musulmana (questa la narrazione israeliana, ovviamente) è un’altra delle paternalistiche scuse che Israele prova a venderci. Preserviamo e difendiamo a spada tratta “l’unica democrazia del Medio Oriente” (più correttamente, Asia occidentale, ma quella dell’eurocentrismo anche linguistico è un’altra conversazione ancora) perché ha a cuore i diritti delle donne, anche di quelle palestinesi (quelle che quando mestruano sono lasciate in condizioni igieniche più che precarie, che devono partorire in strada, che vedono le proprie vite, luoghi e persone distrutti, che sono considerate riproduttrici e che quindi devono essere eliminate perché un’etnocrazia come quella israeliana teme la demografia palestinese). Salviamo le donne palestinesi dai loro uomini sessisti – meno male che in Occidente il patriarcato non esiste, che possiamo esportare questo non-patriarcato, e che Israele concede alle donne di aspirare al punto massimo dell’emancipazione femminile, ovvero entrare nell’esercito, dove peraltro, ça va sans dire, dilagano le violenze sessuali [6]. L’ennesimo “fardello dell’uomo bianco” che deve farsi salvatore – in realtà in molte sappiamo bene che “il femminismo che non ha una comprensione delle intersezioni con l’oppressione razziale ed etnica è semplicemente una variante del suprematismo bianco” [7].
Sembra assurdo dover argomentare in questo modo contro un genocidio, ma facciamolo ugualmente, perché un’obiezione che spesso si sente quando si prova a introdurre la questione palestinese in un’ottica intersezionale è: le donne/le persone queer sarebbero oppresse in Palestina – come se quello fosse il punto. L’autodeterminazione del popolo palestinese e il suo diritto a esistere vengono misurati in base a una scala di diritti, con un’ennesima violenza colonialista che mette in gerarchia le vite di chi merita e non merita un genocidio – tra l’altro, se proprio questo dev’essere il criterio, non è che in Italia ce la passiamo benissimo, quando si parla di non umane, donne, persone queer, povere, razzializzate, migranti, disabili e così via… Ma ovviamente al netto di ciò, non può esserci paragone con le politiche genocidarie di Israele e di chi supporta questo Stato fantoccio. Le argomentazioni di questo genere sono pretesti per giustificare il genocidio, non reali manifestazioni di interesse verso i diritti, le rivendicazioni e le lotte femministe (etc). La lotta non può che essere intersezionale, e un veganismo genocidario o un genocidio “inclusivo” certamente non lo sono.
Il libro Decolonizzare la Palestina edito da Edizioni Anarcoqueer spiega nel dettaglio i vari washing israeliani, come il green washing, portato avanti da uno Stato autore, fra l’altro, anche di ecocidio, ovvero distruzione dell’ambiente nelle terre occupate [8]. Torniamo al vegan washing attraverso altre fonti.
Apprendiamo, ad esempio, che Israele utilizza come armi genocidarie i cinghiali selvatici, introducendoli nelle terre palestinesi per far rovinare loro il grano e attaccare le residenti [9]. Oltre alle conseguenze devastanti per il sostentamento e la psiche di un popolo costretto alla fame e ad allontanarsi dalle proprie terre, come possiamo pensare che utilizzare individui di altre specie possa essere vegano (men che meno antispecista)? Altri corpi non umani usati contro le Palestinesi come macchine da guerra sono quelli dei cani, solitamente malinois allevati in Europa e direttamente esportati da aziende come l’olandese Four Winds K9 [10], addestrati a combattere, sfruttati per terrorizzare le persone nelle carceri e durante le incursioni domestiche:
«Mi sono svegliata col rumore delle forze israeliane che entravano in casa mia dopo aver fatto un buco nel muro. In pochi istanti, un cane con una telecamera sulla schiena mi ha attaccata, mordendomi alla spalla e affondando i denti fino all’osso. Mi ha trascinata fuori mentre urlavo di dolore. I soldati ridevano e non hanno fatto nulla per aiutarmi o curarmi», racconta Dawlat al-Tanani circa un episodio del maggio 2024 [11].
Fortunatamente, nelle terre occupate c’è chi si interessa davvero alla causa non umana. Ahmed Safi, fondatore della Palestinian Animal League [12], sa che l’occupazione non impatta solo sulle persone ma anche sull’ambiente e sulle abitanti di altre specie, e che le lotte sono tutte collegate:
«Molte persone mi chiedono se non ho altre cose a cui pensare, più importanti degli animali. Io dico loro che noi Palestinesi dovremmo fare tutto ciò che possiamo per essere sicuri di non opprimere gli altri, siano persone o animali. Noi sappiamo come ci si sente ad essere oppressi, conosciamo il dolore, il male e la sofferenza che provoca e per questo io credo che sia nostro dovere essere certi di non infliggere questa stessa sofferenza agli altri». [13]
Realtà antispeciste da ricordare sono anche Vegan in Palestine (che cerca di rendere la Palestina più vegan friendly), Plant the Land Team (che fornisce cibo vegano a chi ne ha bisogno), e Vegans for BDS (che lavora per il movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni).
Dall’altro lato, invece, fra i tanti metodi utilizzati dai coloni israeliani per far abbandonare le loro terre agli agricoltori palestinesi, figurano anche il furto (o meglio, rapimento) di pecore e l’uccisione di cani con teste di pollo avvelenate [14]. Il tutto realizzato con gli stivali di pelle sintetica, s’intende, per essere inclusivi verso i soldati vegani.
Insomma, una menzogna neanche troppo difficile da smascherare apparentemente, se solo questa distopia non fosse, purtroppo, realtà, e se il mito dell’inclusione non avesse attecchito anche in ambienti sedicenti progressisti. Come vegane antispeciste transfemministe intersezionali, non vorremmo mai essere associate neanche lontanamente a Israele. Nessuna liberazione, queer, transfemminista, antispecista, antiabilista etc., può essere perseguita attraverso o in connivenza con il colonialismo. In ultima istanza, è fondamentale dunque chiederci cosa voglia dire “includere”, chi include chi, in che sistema verremmo eventualmente incluse, se vogliamo davvero essere incluse e soprattutto se aspiriamo a un nostro spazio in questo sistema o se piuttosto non preferiremmo smantellarlo con tutte le forme di Resistenza possibili.
Altre letture e approfondimenti:
- The most vegan army in the world: how Israel co-opts veganism to justify Palestinian oppression (Sarah Doyel per Mondoweiss):
https://mondoweiss.net/2019/09/veganism-palestinian-oppression/
- Sull’intersezionalità delle lotte:
https://www.instagram.com/p/DJBogv1tnVK/?igsh=MXRjejlndjZkcTZqNA%3D%3D&img_index=1
https://www.instagram.com/p/DMXK7BhIKgq/?img_index=2&igsh=MWx1NDZqMDV2emY3bA%3D%3D
https://www.instagram.com/reel/DMN6zgAJzG3/?igsh=dmZidmI5d2s5bXZm
- Sul vegan washing israeliano:
https://www.invictapalestina.org/archives/49524
https://www.vegansforbds.com/veganwashing/
- Sulla Palestina antispecista:
https://www.invictapalestina.org/archives/35573
https://www.radioveg.it/mondo-veg/palestina-sempre-piu-animalista-e-vegan/
[1] Fonte: https://www.middleeasteye.net/news/israel-palestine-war-fighting-human-animals-defence-minister, ultima visita 5 ottobre 2025
[2] Fonte: https://rewriters.it/israele-e-linvenzione-del-veganwashing/, ultima visita 5 ottobre 2025
[3] https://www.infopal.it/israele-il-veganwashing-e-la-violenza-sui-palestinesi/, ultima visita 5 ottobre 2025
[4] Marco Reggio, Vegan Antispecista. Per la liberazione animale e umana, eris edizioni, Torino 2024, p. 17
[5] Fonte: https://www.instagram.com/p/DKeRtzTt6xb/?igsh=MXhhOWZma2o4ZWgwNw%3D%3D, ultima visita 4 ottobre 2025
[6] Decolonizzare la Palestina. La Palestina attraverso la storia e il rainbow washing di Israele, Edizioni Anarcoqueer, 2023
[7] Ivi, p. 73, corsivo nel testo (da una dichiarazione di femministe palestinesi, attiviste per i diritti umani e rappresentanti delle organizzazioni femminili in una dichiarazione di sostegno al movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni)
[8] Solo un esempio: https://www.infopal.it/le-forze-di-occupazione-sradicano-ulivi-e-spianano-terreni-agricoli-a-ovest-di-jenin/, ultima visita 7 ottobre 2025
[9] Fonti: https://www.middleeasteye.net/news/israeli-forces-release-wild-boars-tulkarm-they-expand-offensive-nablus, ultima visita 11 settembre 2025
https://mondoweiss.net/2022/11/wild-boars-in-palestine-are-being-weaponized-by-israeli-colonialism/, ultima visita 11 settembre 2025
https://www.jpost.com/israel-news/article-722638, ultima visita 7 ottobre 2025
[10] Fonte: https://www.invictapalestina.org/archives/54897, ultima visita 7 ottobre 2025
[11] Fonte: https://www.instagram.com/p/DK1nVhLqjhP/?igsh=MnQ2ODJucTZqdG1j, ultima visita 4 ottobre 2025
[12] Fonte: https://pal.ps/, ultima visita 5 ottobre 2025
[13] Fonte: https://www.veganzetta.org/essere-animalisti-nella-palestina-occupata-pal-in-italia/, ultima visita 5 ottobre 2025
[14] Da testimonianze rilasciate al Post da cinque Palestinesi che hanno terreni nella valle del Giordano, intervistati a nord nella zona di al Auja e a sud nella zona di Masafer Yatta: https://www.instagram.com/p/DO_Uh-LjH7j/?img_index=20&igsh=MXZxenB3MDZ5aTQyOQ%3D%3D, ultima visita 4 ottobre 2025