Apparenza, realtà e mondo: la percezione privata animale

By Giulia Girodo

20 Marzo 2023

“Correlazionismo significa che esistono cose in sé, ma che queste non sono ‘attualizzate’ fino a quando non sono messe in relazione da un correlatore (…). Per poter diventare reale, il correlato richiede insomma un correlatore: sicuramente le cose esistono in una qualche sfera inaccessibile, ma non sono propriamente reali fino a quando un correlatore non vi ha accesso” [Morton 2017, p. 18].

Timothy Morton

Timothy Morton, filosofo londinese nato nel 1968, spiega con queste parole il nucleo fondamentale di quella teoria filosofica che, a partire dalla formulazione di Immanuel Kant, ha segnato profondamente tutta la riflessione a lui successiva. L’idea espressa dal correlazionismo è chiara e piuttosto intuitiva, per lo meno nella sua formulazione base: le cose non sono come ci appaiono, il soggetto che le esperisce ha a che fare con esse solo attraverso il medium del proprio pensiero e dei propri organi percettivi. Nessuno è in grado di percepire un oggetto come è in sé, ossia come è a prescindere dalla mente e dagli organi di colui che lo coglie, ma a sempre a che fare con la sua apparenza. Viene così a crearsi un abisso incolmabile tra realtà e apparenza, tra cosa in sé e cosa così come viene percepita, tra mondo e soggetto umano.

Morton nota come la filosofia successiva a Kant abbia reagito a questa ‘scoperta’ cercando proprio di colmare questo profondo abisso. Una strategia elaborata per farlo è stata quella di spostare tutto l’onere della prova sul correlatore: è il soggetto che fa esperienza a dare realtà alle cose; gli oggetti esistono solo nella misura in cui sono colti da qualcuno. La realtà viene, perciò, schiacciata e fatta a coincidere con l’apparenza: solo quest’ultima esiste, è consistente e reale. Tale intuizione, però, può funzionare ed evitare il relativismo (ossia evitare di credere nell’esistenza di tante realtà quanti sono i soggetti che la colgono) solo se assume l’esistenza di un solo ed unico correlatore possibile: l’essere umano. Così il ‘correlazionismo forte’ si fa antropocentrico: l’essere umano è l’unico giudice in grado di stabilire la realtà e il valore che le cose possiedono. Tutto si riduce a ciò che l’uomo vede e percepisce; gli oggetti perdono qualsiasi statuto ontologico proprio, ossia a prescindere e fuori dalla percezione umana, ma sono reali solo in quanto colti dal pensiero umano.

Se gli oggetti non hanno una consistenza propria al di fuori della percezione umana, allora l’uomo può plasmare, fare e disporre degli oggetti cosa e come vuole; se le cose non hanno uno statuto proprio a prescindere dell’essere umano, allora egli ha un potere assoluto su ogni cosa lui esterna. Ciò significa anche che l’unico valore e l’unica funzione che le cose hanno è quella loro assegnata dall’uomo: il legno di cui è fatto un tavolo diventa reale solo nella misura in cui viene lavorato dall’uomo e investito di una funzione, prettamente antropocentrica. Il tavolo è reale, poi, perché ha uno scopo, un valore d’uso legato ai bisogni umani.

L’esito del correlazionsmo forte è, perciò, l’idea di una “privatizzazione” umana “dell’accesso al reale” [Morton 2017, p. 33].

Morton suggerisce, però, che la deriva antropocentrica non è l’unico esito possibile dell’intuizione correlazionista kantiana: è possibile sostenere che alle cose in sé nessun soggetto ha accesso, che inevitabilmente ognuno è costretto a passare attraverso i propri organi percettivi per cogliere le cose esterne, che per il soggetto la realtà è ciò che coglie nel modo in cui lo coglie, senza credere, però, che l’uomo sia l’unico soggetto correlatore possibile e che quindi la realtà coincida con l’apparenza che lui ha del mondo.

Edizione italiana di “Ambienti animali e ambienti umani”

Le riflessioni di Jakob von Uexküll, biologo estone vissuto a cavallo tra 800 e 900, contenute nel testo Ambienti animali e ambienti umani sono calzanti per la riflessione che stiamo conducendo e intersecano la riflessione di Morton su un punto ben preciso: il biologo estone, infatti, attraverso i suoi studi arriva a sostenere che ogni essere vivente, a prescindere dalla specie di appartenenza, è un correlatore. Prima di proseguire, però, è bene concordare e chiarire l’uso di alcuni termini utilizzati: parlerò di ‘mondo’ come di ciò che tutti gli esseri condividono, di ciò che sta ‘dietro’ le percezioni (simile alla cosa in sé kantiana, anche se ne rivedremo il concetto); per ‘realtà’, invece, intendo questo mondo come appare ad un soggetto specifico. Ciò che è reale, dunque, è sempre relativo ad un correlatore che percepisce il mondo.

L’idea che il correlatore possa essere solo umano è piuttosto ingenua: nei suoi studi, Uexküll nota come ciascun animale abbia degli organi sensoriali attraverso i quali percepisce il e agisce nel mondo. Ogni organismo, però, lo fa a modo proprio: sono gli organi di cui è dotato ad avere la funzione di a-priori dell’esperienza. Questi ultimi, cioè, filtrano gli stimoli provenienti dall’esterno e permettono in tal modo un accesso al mondo limitato e selettivo, funzionale alla vita del soggetto. Per esempio, l’essere umano ha accesso solo a determinati stimoli uditivi e visivi; per una zecca il mondo si riduce a pochi stimoli chimici connessi alla sua preda (essa percepisce l’acido butirrico del sudore dei mammiferi, il caldo del contatto con il loro pelo ma non ha alcuna percezione dell’intero corpo della preda). Gli organi di un soggetto, insomma, permettono l’accesso a ciò che del mondo esterno è funzionale alla conservazione della vita, mentre escludono quegli stimoli che rappresenterebbero un disturbo e renderebbero la realtà di ciascuno un caos affollato di input inutili.

Organi diversi determinano accessi e letture differenti del mondo: il pipistrello si orienta grazie a onde sonore che corrispondo per lui ad oggetti e ostacoli esterni, mentre l’essere umano non li percepisce, non ne ha accesso e privilegia, invece, la vista. I due soggetti hanno sicuramente immagini del mondo molto differenti tra loro. Allo stesso modo, organi simili ma con costituzioni differenti determinano percezioni differenti della stessa situazione spazio-temporale: in base al numero di elementi ottici presenti nell’occhio (ossia di ‘sensori’ in grado di captare uno stimolo) varia la risoluzione dell’immagine che si ha del mondo: ad un maggior numero di sensori corrisponde un’immagine più ricca di dettagli.

Per soggetti diversi, dunque, ad essere reali sono immagini del mondo differenti tra di loro: tali immagini sono definite da Uexküll Umwelten, ossia ‘ambienti’. L’ambiente è il mondo così come appare ad un soggetto, ossia la realtà stessa per quell’organismo. Le coordinate e i tratti strutturali di ciascuna Umwelt sono determinati dalla conformazione degli organi percettivi del soggetto e sono connessi all’appartenenza di specie: specie differenti dotano gli individui di organi diversi che determinano una modalità specifica di accesso al mondo. Le Umwelten di due gatti hanno le stesse coordinate, gli stessi tratti generali, così come le Umwelten umane sono simili tra di loro. Quanto più due individui appartengono a specie lontane nella filogenesi, ossia presentano strumenti di percezione quanto più differenti, tanto più le loro Umwelten sono incommensurabili.

Dall’altro lato, però, anche conspecifici vivono in Umwelten differenti e questo è dovuto al fatto che ogni individuo è un unico e singolare punto di osservazione sul mondo: la prospettiva di ognuno è irripetibile perché condotta da un punto di individuazione spazio-temporale unico, privato e incondivisibile. Bisogni e interessi personali guidano ogni soggetto nel mondo e fanno sì che il suo ambiente si colori di tonalità fortemente soggettive: ogni individuo, cioè, assegna un valore personale agli oggetti che esperisce.

Il valore di un oggetto, quindi, è in primo luogo determinato dall’appartenenza di specie: come si è già visto, per l’essere umano lo stimolo chimico dell’acido butirrico non esiste, per la zecca ha un valore biologico fondamentale. Ma in secondo luogo, sono i bisogni e gli interessi personali ad attribuire valori unici agli oggetti e tale valore varia al variare sia del soggetto sia delle condizioni emotive e ambientali in cui lo stesso vive. Per esempio, Uexküll nota come per uno stesso paguro un’anemone possa assumere valori differenti a seconda della tonalità emotiva del primo e della situazione contingente in cui è posto: nel caso in cui il paguro sia sprovvisto di protezioni e si senta minacciato da un predatore, egli colloca l’anemone sulla propria conchiglia per ricevere protezione, mostrando così che essa ha per lui un valore difensivo. Se invece il paguro è già protetto da anemoni, questa assumerà un valore abitativo, fatto osservabile dal tentativo del paguro di entrarvi dentro. Nel caso, infine, in cui il paguro sia affamato, l’anemone avrà per lui un valore nutritivo e inizierà a mangiarla [Uexküll 1934, pp. 104-105].

Gli studi e le riflessioni di Uexküll, dunque, suggeriscono che ogni essere vivente è un correlatore, ossia percepisce il mondo esterno secondo una sua modalità peculiare, ha a che fare solo con ciò che viene filtrato e plasmato dai suoi organi, ossia mai con le cose come sono al di fuori della percezione che ne ha. Ognuno, dunque, ha accesso al mondo in maniera personale e specifica e questo significa che esistono modalità di accesso al mondo non umane e che queste non sono meno vere e meno reali di quelle antropomorfiche: ogni ambiente è reale per il soggetto che lo abita. Non esiste una sola realtà, né una più vera delle altre, ma tutte sono poste sullo stesso piano nel fare riferimento ad un soggetto unico di volta in volta. Non esiste un solo mondo di percepire le cose e gli oggetti non hanno un solo valore possibile: stessi oggetti in ambienti diversi assumono aspetti e valori differenti a seconda del soggetto che ne fa esperienza.

Tutto questo, però, non significa che l’Umwelt sia una costruzione totalmente arbitraria del soggetto: esiste un mondo oggettivo ‘dietro’ le Umwelten che pone limiti, resistenze, freni, novità ed ostacoli che eccedono gli apparati cognitivi del soggetto [Marchesini 2019, pp. 120-130]. Il mondo non si lascia plasmare e leggere in qualsiasi modalità, ma pone freni all’attività percettiva di ognuno: che lo vogliamo o no, indipendentemente da come li percepiamo, una pietra non è un albero. In questo senso Morton può affermare che realtà (mondo) e apparenza (Umwelt) scivolano l’uno sull’altro: l’apparenza non è il mondo, è legata ad una modalità specifica di accesso a questo, ne è una lettura personale, ma non è mai arbitraria. L’apparenza è una sorta di compromesso con il mondo. Quest’ultimo ha una sua consistenza e realtà che è quella di un essere poroso e virtuale, che si rende disponibile a letture e interpretazioni diverse. Il mondo eccede qualunque apparto percettivo; nessuna modalità di accesso alle cose lo esaurisce, ma ne rappresenta una lettura parziale. Le Umwelten sono prospettive tutte parimenti limitate del mondo, piani di lettura specifici, modi di percepirlo parziali e incompleti.

Il mondo è ciò che accomuna tutti gli esseri, che sfugge a tutte le sue possibili letture, che si ritrae ma che è anche condiviso. Sono proprio questa condivisione e l’ammissione del carattere parziale e relativo di ogni percezione le condizioni di possibilità della solidarietà tra tutti gli esseri viventi, ossia anche oltre l’umano: le Umwelten sono sì diverse, ma tutte gettate su un mondo comune che nessuna modalità di accesso esaurisce. La solidarietà estesa ai non umani è possibile se l’essere umano comprende che non è lui il solo correlatore possibile ma che ogni organismo, a prescindere dall’appartenenza di specie, ha un acceso personale e limitato su un mondo comune. Noi esseri umani, correlatori limitati e dai tratti specifici, siamo in grado di provare solidarietà verso ogni altro essere che vive in un ambiente proprio, povero, limitato, difettoso e manchevole tanto quanto il nostro nei confronti di un mondo che sfugge a tutti noi.

 

RIFERIMENTI

Morton Timothy, Humankind: Solidarity with Non-Human People, 2017, Verso, London. Edizione utilizzata: Humankind: solidarietà ai non-umani, a cura di Vincenzo Santarcangelo, Nero, Roma, 2022.

Uexküll Jakob von, Streifzüge durch die Umwelten von Tieren und Menschen: Ein Bilderbuch

unsichtbarer Welten, Springer, Berlin, 1934. Edizione utilizzata: Ambienti animali e ambienti

umani, a cura di Marco Mazzeo, Quodlibet, Macerata, 2019.

Marchesini Roberto, Alterità. L’identità come relazione, Mucchi, Modena, 2019.

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